Dall'altra parte

30.12.2021

Il mio racconto sull'antologia Resistenza60

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"basta un niente, un passo da nulla, un impennamento
dell'animo, e ci si trova dall'altra parte"

Italo Calvino

- E' una questione d'onore.

Conosceva la formula. L'onore è tutto. Se perdi la faccia perdi tutto. Tutti gli altri paroloni, tutti i valori che il minore avrebbe di sicuro tirato in ballo erano solo un corollario, non avevano vita autonoma.

Faceva ancora caldo. Nel negozio l'aria stordiva: mangiare vero, roba da affondarci i denti e riempirsi lo stomaco, non ce n'era più ma gli aromi non mancavano. E non mancava il peperoncino che disinfetta e dà gusto, forza e calore. Scacciò una mosca.

- Quaggiù siamo fuori dai giochi, possiamo starcene tranquilli, non c'è motivo di andare a cercare altri guai.

- Vado. Lui è ancora lì, ancora in sella.

- Ma che dici! E' braccato, ha i giorni contati.

- Ci guiderà alla riscossa.

- Ma di che parli? Lo sai che non potete farcela. Gli angloamericani sono dei tritasassi. Te li ricordi i bombardamenti, sì?

- Come faccio a dimenticare la capitale, gli zii feriti?

- E' stato lui a sfidarli. E' sua la colpa.

- Le scritte su quei pezzi di metallo erano in inglese.

- Anche l'insegna di questo negozio presto sarà in inglese.

- Non sarò qui a vederla.

- Sarai morto.

- Sì, forse perderemo, ma io non tradirò.

- Tradire? Tradire?! E' lui che ci ha traditi. Ha mandato migliaia di noi a morire, in quelle trincee fangose. Due fratelli ci sono morti. Due.

- Lo ha fatto per difendere la patria.

- Ma che c'entra la patria coi suoi deliri imperiali, con le glorie di mille e mille anni fa?

- E' la stessa cosa, tu non capisci.

- No che non capisco. Vai a morire per niente.

- La morte è bella.

Il maggiore restò a guardarlo. Aveva sentito frasi del genere e ne aveva riso. Ma erano penetrate nella testa del minore. Ricordava bene il fucile di legno, più grande di lui, che strappava agli altri due fratelli. I due fratelli mandati a morire a sedici anni.

- La morte è bella? - ringhiò.

- Raggiungerò i fratelli.

- E ucciderai nostra madre.

- Ci penserai tu.

- Dovresti pensare anche a tua sorella.

- Non ho sorelle. - Non aveva mai accettato il comportamento della sorella. Non potendo andare a scuola lei aveva imparato a leggere e scrivere guardando i fratelli che facevano i compiti. Un giorno la madre la scoprì che scriveva e la schiaffeggiò: a che ti serve, a scrivere ai maschi? Ma il maggiore decise che doveva andare, era lui che pagava. Il minore disapprovò e ancor più disapprovò le tutto quello che lei imparò insieme alla scrittura, e tutti i comportamenti che ebbe da allora. Erano disonorevoli.

- Ce l'hai una sorella. E una madre. E anche me - Le ultime parole lo lasciarono imbarazzato., tra maschi, nella sua famiglia Non si erano mai scomodati i sentimenti. Lui, poi, era sempre stato più lontano. Per ovviare, la buttò sul mercantile: - C'è bisogno di aiuto, qui. Lo sai che poi sarà tuo.

- Non starò qui a guardare gli ebrei comandare.

- Io ebrei non ne vedo.

- Lo sai che dipende tutto da loro. Sono loro che comandano il mondo. L'hai letto il Protocollo, no?

- Nostro cugino non l'hanno bastonato gli ebrei. E il tuo maestro lo ha messo in carcere lui.

- Era un disfattista.

- Era uno che voleva le elezioni. E con loro le avremo. Avremo la democrazia.

- Che ce ne facciamo della democrazia? La democrazia l'hanno inventata loro, i banchieri, gli usurai, i giudei. Noi abbiamo le nostre leggi. E Lui sa cosa va fatto.

Era fatto così, il minore. Non aveva dubbi. Era nato che già comandava Lui. Lui era nel bronzo, nel marmo, nella ghisa. E sulla carta. Anche nel negozio era stato, fino al giorno prima. E il fratello minore aveva risposte per tutto. Anzi la risposta era una sola: il Nemico. Le cose non potevano andare diversamente perché il paese aveva tanti nemici. La polizia segreta? Colpa del Nemico, perché il Nemico è soprattutto in casa. La guerra? Colpa del Nemico. Le sconfitte? Colpa dei disfattisti collusi col Nemico. Le sanzioni internazionali? Colpa della coalizione di Nemici. Una finta coalizione, s'intende, perché il Nemico è uno solo: l'ebreo. La plutocrazia non è che la sua emanazione. E questi Alleati che risalgono il paese dopo lo sbarco, questa armata di stupratori bianchi e neri, sono qui soltanto perché ai Savi di Sion non andava giù che anche noi avessimo un posto al sole. Perché noi no? Tutti sono dappertutto, ma noi non potevamo reclamare terre che ci spettavano di diritto. Ci hanno levato i commerci, le materie prime, tutto, anche il caffè. Ma noi abbiamo resistito. E resisteremo ancora, insieme a Lui. E li ributteremo a mare.

Il maggiore non la pensava così. Aveva visto più cose, e grazie al commercio aveva incontrato parecchia gente, gente di fuori, gente di altre province. Non che ci parlasse molto, anzi la gente parlava molto poco, ma qualcosa si veniva a sapere: la gente prelevata da casa, i rifugiati all'estero, i lussi dei notabili e mille altre cose che non uscivano sui giornali, non si sentivano alla radio.

E quello che adesso sapeva era che al nord, sulle montagne, migliaia di uomini col mitragliatore lottavano contro il regime, già si ricongiungevano alla coalizione che risaliva il paese. E non gli dispiaceva. Ma sapeva che non sarebbe riuscito a trattenere il fratello. Il padre era all'estero da anni, forse aveva un'altra moglie. La madre, quella madre istupidita dai lutti, dagli abbandoni, che cosa poteva fare?

- Ascoltami, non servirà a niente. Darai altro dolore a nostra madre. I tempi sono cambiati.

- TU sei cambiato. Ti ho tenuto d'occhio, sai? Sei come questi altri, pronto a venderti per delle briciole. Non hai spina dorsale. Ti stai già preparando ad accogliere gli yankee.

- Dobbiamo vivere. E senza di lui vivremo meglio.

- Vergognati, sei un traditore, come tutti, qui. Non hai il senso dell'onore.

Eccolo là. L'onore. E qui il maggiore non trovava da replicare. Non che le repliche avessero effetto sul fratello, ma almeno sugli altri argomenti poteva provarci. Sul campo dell'onore, però, c'era poco da ribattere: bruciava anche a lui. Il nemico calpestava il paese. Sapeva che non sarebbe stato per molto, sapeva che quello se l'era cercata. Ma era sempre il nemico. Quello delle sanzioni, quello della miseria. Qualcuno gli aveva spiegato che tutti i patimenti dipendevano dal regime, che riusciva a sperperare la ricchezza del paese in corruzione, armamenti e folli spedizioni. Ma il nemico è il nemico. Chinare il capo davanti allo straniero non è come chinarlo davanti agli agenti della polizia segreta. Che saranno belve ma non forestieri. E anche lui, che faceva il moderno, non avrebbe sopportato di vedere sua sorella con qualche gigante biondo. E da come lei guardava le foto su certi giornali, da come strappava le notizie sugli avvenimenti, gli sarebbe toccato vederlo.

Prese da sotto il banco qualche busta, dei sacchetti. Legumi, farina di granturco. Anche qualche scatoletta. Li scaraventava dentro il sacco che il fratello aveva poggiato sul bancone: "Ecco l'Onore, ecco la Patria, ecco la Dignità, e questa è la carne del suo Cavallo Bianco".

Indugiò su un vasetto di miele. Miele d'agrumi. Arance amare. Lo adagiò sul resto e carezzò il coperchio di latta come altre volte aveva accarezzato la testa del fratello, testa di latta, l'aveva sempre chiamato così.

- Addio, Mustafà.

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