In bagno con Claudia Koll

31.12.2021

Delle donne di Tinto Brass ci era sembrata la più porca. Perché più santa. Hitchcock lo sapeva bene che solo una donna algida è davvero eccitante: di sexy per lui non c'era che il contrasto tra un volto angelico e il sospetto su ciò che cova. Brass non si è mai fermato ai sospetti e di Claudia Koll, oltre ai tratti delicati e nobili, ha filmato le natiche altrettanto nobili e il loro indelicato uso. Mai avrei creduto, quando guardavo la scena del bagno in Così fan tutte che un giorno mi sarei ritrovato chiuso in bagno con Claudia Koll.

E invece è successo, nel bagno della chiesa di san Francesco. Restaurata e riconsacrata un paio d'anni fa, sul confine di tre comuni, la chiesa che abbiamo sempre chiamata "di la Sardedda", è circondata dai trulli, gli ultimi: dopo questa propaggine della civiltà della pietra, con l'abitato di Latiano, comincia il tufo.

L'iniziativa è benefica, ovviamente: tutti sanno che Claudia è impegnata nel sostegno ai bambini del Burundi (dono.operedelPadre@tiscali.it). C'è la Messa all'aperto, oggi è il giorno della Trasfigurazione, e io mi aggiro tra gli ulivi mentre imbrunisce: è la curiosità che mi spinge, il ricordo dell'icona profana, il morboso desiderio di scrutare quella (forse) sacra. Quando si scatena il nubifragio, annullando l'esibizione dei Cantori e degli Sbandieratori e costringendoci tutti in chiesa, di colpo accaldati, per ascoltare la testimonianza dell'attrice, ho modo di guardarla con agio, finalmente: di tre quarti, il capo leggermente inclinato, il sorriso sempre aleggiante, bella nell'identico modo. E' sempre lei, insomma: quello sguardo un po' velato e la rughina di espressione a lato delle labbra, sono maliziosi suggerimenti carnali. Ma come posso pensarlo? Sta parlando della sua esperienza religiosa, mi rimprovero. Eppure i confini tra le infatuazioni sono labili. Innumerevoli critici hanno sottolineato l'aspetto terreno, erotico, orgasmico, dell'estasi della Santa Teresa berniniana. E a rafforzare il paragone c'è l'incarnato alabastrino dell'attrice. Traslucido, angelico.

Ascolto la sua testimonianza, che si trasforma in predica, esortazione (catechesi dev'essere la parola giusta). Certe vicende sono tutte simili, il momento di crisi, il rivolgersi al cielo, lo scuotimento, un aiuto divino. Quello che spiazza, nelle parole e nelle abitudini dei "folgorati", è l'aspetto materiale del loro rapporto col sacro. Come ho visto accadere ad altri amici, anche per la Koll il rapporto con gli oggetti della fede è terra terra, quasi infantile. Il modo di parlare dei benefici della fede è in tutto uguale a quello di un prete, alle frasi del catechismo. Io mi aspetto sempre che personalità complesse, verbalmente ricche, slegate dal tran tran di sacrestia, abbiano un atteggiamento più aereo. E invece le trovi insistenti, ossessive, sul valore di un santino, di una medaglietta, sulla forza della devozione a questa o a quell'altra figura sacra. Colpisce, nella testimonianza di Claudia, l'aspetto materiale, quasi dietetico, dell'eucaristia: sostiene che la comunione quotidiana l'ha letteralmente nutrita, ricostruita, plasmata. Ti rendi conto che tutto ciò che per te ha valore di metafora, quello che trovi poetico, allusivo, simbolico, per lei è più concreto di qualsiasi altro oggetto, materico più che materiale.

Racconta le tappe di avvicinamento alla Chiesa: durante una confessione, all'imposizione assolutoria delle mani del sacerdote, ha perso la vista, come San Paolo, e si è sentita dolere il cuore "come se lo strappassero". Suggestione è la parola d'ordine della mia corazza scettica. Ma il pubblico è rapito. E non parlo degli uomini: sono le donne a essere più incantate. Un'amica, mentre si entrava, l'ha abbracciata e poi mi ha detto "Gesù, è trasfigurata, non è vero?". Siamo in tema, vista la data. Un'altra l'aveva vista a Sava (altra tappa, con Maglie e Locorotondo, del tour pugliese) e me ne parla estasiata. Qualcun'altra mi racconta di un'interminabile meditazione eucaristica della Koll, del suo sgranare decine di rosari in auto.

Quando la Koll finisce di parlare c'è ressa. Fatta la tara dei politici e dei curiosi come me, scopro con stupore che l'interesse è fervido, spirituale, la firma sui santini non è solo caccia all'autografo, il bacio chiesto per i bambini non ha nulla a che vedere con il fascino mediatico. Ciò che stupisce di più è il rispetto, la venerazione quasi, da parte del clero. Immaginavo diffidenze e snobismo, ma attempati sacerdoti bevono le sue parole, accolgono suggerimenti, insegnamenti quasi.

Don Bartolo, un giovane alto di ricercata eleganza che inizialmente avevo scambiato per il manager dell'attrice ma è un cappellano militare che la accompagna nei giri benefici, mi ha promesso un abboccamento ma la gente è tanta, la chiesa è piccola, non si riesce a scambiare due parole in pace, così ci spinge per una porta e si rinchiude con noi e un giovane sacerdote abbronzantissimo in un antibagno. Dietro una tenda scope e secchi, di lato, dalla porta aperta del bagno, arriva la luce. Il giovane sacerdote racconta emozionato di avere portato da Brindisi un folto gruppo di digiuno. E' raggiante. Claudia lo abbraccia felice e gli chiede della Coroncina della Misericordia. Sì, sì, dice lui ma Claudia non è convinta: mi raccomando, non tralasciarla. Si tratta di una "variante" del Rosario, Claudia sembra prescriverla come uno strumento specialistico, un forcipe spirituale, e il prete accoglie le raccomandazioni - dolci rimproveri - come uno scolaretto. Si riabbracciano e il sacerdote esce. Ho pochi minuti. Appoggiato allo stipite della porta del bagno le chiedo qualche immagine concreta del suo cambiamento. Qualche dettaglio, perché rinascita, rinnovamento, verità, sono parole troppo astratte. Forse le uniche possibili ma insufficienti per un gazzettiere. Non trova aneddoti. Non ne cerca: "Non mi appassionano gli aneddoti. Posso dire che anche il mio corpo è cambiato, sono diversa. I colleghi me lo dicono. Ora mi interessa soprattutto comunicare, portare questo alla gente. Prima ho parlato tanto ma quasi non ho parlato di quello che ero venuta a fare, raccogliere denaro per l'Africa. Mi preme troppo far sentire certe cose". A proposito di colleghi, continui nel tuo vecchio lavoro? "Sì, a ottobre sarò in teatro con Il prigioniero della seconda strada. Lo farò con...". Ma me lo dice con un certo sforzo di concentrazione, con distacco, non con la ripetitività ansiosa della persona di spettacolo. E' cambiato qualcosa nel tuo stare in palcoscenico, lo senti diverso? E fingere una parte - per chi è occupato a costruire se stesso come persona vera - è più complicato? "Non fingevo neanche prima: mi rifacevo all'Actor's Studio. Solo che adesso non sto lì a costruire. Ho scoperto il valore della semplicità in tutto. Arzigogolare non serve a niente".

Dovrei chiedere che ne pensa della Puglia, ma non mi sembra il genere di domanda adatto alla circostanza. Immagino che non faccia grandi distinzioni di tipo turistico, che viva in un mondo allargato e in un certo senso indifferenziato: la comunità dei fedeli. So già, del resto, che ha parenti in Puglia ed è particolarmente legata al Beato Bartolo Longo, latianese come me. Dovrei stare un po' di più con lei, come si conviene a ogni intervista degna di questo nome ma il Senatore e la consorte attendono il loro turno per il bagno e io qui, in piedi, credo sempre meno alle domandine. Di fronte ho una persona luminosa, serena, dolce, disponibile. Semplice. Mica poco essere semplici. Non ho la prontezza di spirito di interrogarla su Carmelo Bene, chiederle cosa pensa della aspirazione dell'attore alla stupidità. Io mi sento un po' stupido senza essermi sforzato per niente. Sono in bagno con Claudia Koll, come sognavo, ma devo accontentarmi della versione sacra. Il corpo presente è più etereo del simulacro filmico.

Corriere della Sera - Dorso Puglia 7 agosto 2006


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